Come il Neuromarketing ha innovato le regole del mercato

Come il Neuromarketing ha innovato le regole del mercato

Michael Porter, attuale docente della Business School di Harvard, è il padre della teoria del vantaggio competitivo aziendale ed è colui che ha posto le basi per la ricetta del marketing tradizionale. Il suo pensiero si concentra sul raggiungimento di un significativo vantaggio economico che deriva dalla scelta tra due strategie chiave: leadership di costo e differenziazione. Le aziende erano quindi chiamate a scegliere una delle due alternative e a portarle avanti in modo univoco, a livello di definizione degli obiettivi e progettazione organizzativa.  

Oggi però come ben sappiamo il mercato è leggermente (e dico leggermente) più eccentrico, più volubile ed incerto. Le sempre più prepotenti direttrici Mrs. Instabilità e Mrs. Complessità richiedono un costante apporto di informazioni e risorse per combattere l'incertezza. In questo turbolento 21° secolo, dopo aver visto il marketing classico inciampare più volte, è corso in nostro aiuto il neuromarketing che è diventato dal 2002 un amico fedele per moltissimi manager e imprenditori. (il termine fu coniato da Ale Smidts)

 

Che cos'è il neuromarketing?

Prima di procedere cerchiamo di capire cosa si intende per neuromarketing. Secondo la definizione si tratta di:

una recente disciplina volta all'individuazione di canali di comunicazione più diretti ai processi decisionali d'acquisto, mediante l'utilizzo di metodologie legate alle scoperte delle neuroscienze.

In poche parole, è un insieme di metodi che aiutano a capire gli stimoli più efficienti che indirizzano l'agire del consumatore. È una disciplina molto complessa che sfrutta, come avrete già capito, conoscenze del marketing classico, della psicologia cognitiva e in particolar modo studi di neurologia. L'obiettivo ultimo rimane sempre invogliare i clienti a comprare il prodotto della propria azienda, ed è proprio qui che entra in gioco lo studio del cervello, in qualità di attore principale e responsabile delle nostre scelte.

Gli studi di neuromarketing iniziano con Paul MacLean, quando negli anni ‘70 formulò la teoria del cervello trino, la quale divide il cervello in tre settori responsabili di diverse sfere della nostra vità. Per spiegare la teoria utilizzerò una poetica e buffa interpretazione che David Juárez Varón, studioso spagnolo di marketing, raccontò in occasione di una TED Talk.

  • CERVELLO RETILLIANO: è la parte più antica del nostro cervello e ci aiuta nelle azioni semplici e spesso involontarie che compiamo durante la giornata. È responsabile ad esempio del battito cardiaco e della sensazione che proviamo di stanchezza. L'obiettivo ultimo è la nostra sopravvivenza.
    David paragona il cervello rettiliano all'Homer Simpson che tutti noi abbiamo dentro. Il nostro Homer si preoccupa solo di riposarsi, di bere e di mangiare.

  •  CERVELLO LIMBICO: è costituito da amigdala, ipotalamo e corteccia, le quali sono collegate alla gestione delle emozioni e degli affetti.
    David paragona il cervello limbico alla Biancaneve in noi, che si emoziona ogni giorno quando vede gli animali e le piccole cose della natura.

  • NUOVO CERVELLO: è responsabile del processo logico e del ragionamento.
    David paragona infine il cervello nuovo alla nostra sfumatura di Einstein, il genio del calcolo che non sempre abbiamo voglia di attivare.

 

Obiettivo del neuromarketing è quello di attivare il cervello rettiliano nel momento in cui siamo chiamati a prendere una decisione, ovvero risvegliare quella parte del cervello involontaria. A tal fine, però, è necessario far coollaborare Biancaneve con Homer, dato che le decisioni che appaiono quasi involontarie e istintive hanno sempre alla base le emozioni.

 

Il neuromarketing ci dà la prova scientifica che noi consumatori non acquistiamo un prodotto solo in base alle sue caratteristiche, alla sua funzione, al prezzo o alla potenza di uno spot pubblicitario, ma che le nostre preferenze si strutturano attraverso un rapporto intuitivo con il marchio guidato dalle emozioni che lo stesso ci risveglia.

 

Gli strumenti del neuromarketing

Affidandoci a questa nuova disciplina molti sono poi gli strumenti che aiutano le aziende a orientare efficacemente le loro proposte. Tra i tanti:

  • Risonanza Magnetica Funzionale: è lo strumento più utilizzato dal neuromarketing ed è in grado di mappare le aree del nostro cervello che si attivano in corrispondenza di determinati stimoli. Grazie a questo strumento Martin Lindstorm, uno dei massimi esperti di neuromarketing, ha condotto un esperimento per dimostrare che i marchi forti sono in grado di creare un vero e proprio rapporto di fede con il cliente. Ha infatti mostrato a soggetti sottoposti alla risonanza immagini di brand forti ed ha notato che, al contrario dei brand deboli, essi sono in grado di attivare molte aree del cervello deputate alla memoria, alle emozioni ed ai processi decisionali. Mostrando in seguito agli stessi soggetti immagini di simboli religiosi si sono attivate le stesse aree. È stato quindi provato che la vista del simbolo di un marchio molto narrativo come Apple attiva le stesse aree cerebrali della vista di una croce cristiana per un cattolico.

  • Eye tracking (in italiano oculometria): questa pratica si concentra sulla vista come senso cardine che provoca emozioni. È una tecnica che ci permette di rilevare la dilatazione e la contrazione delle pupille in relazione alle diverse emozioni provate e il movimento della pupilla nello spazio. È utilizzata in fase di progettazione di prodotti o packaging per capire, tramite un test, quale design o colore pu attirare maggiormente l'attenzione dei consumatori. L'eye traking aiuta anche ad individuare l'area più efficace dove posizionare il logo di un azienda; a capire in una fiera quale stand sarà più visitato; o ancora a decidere la posizione e la visibilità di un prodotto in un negozio.

  • Misurazione della risposta galvanica della pelle (GSR): misura la variazione della sudorazione in seguito alla visione di stimoli relativi al prodotto. Si basa quindi sulla provata relazione esistente tra sistema di sudorazione ed emozioni, tra cui stress o coinvolgimento.

  • Rilevazioni Biometriche: misurano il battito cardiaco, in relazione alle risposte emotive

  • Facial coding: consente di interpretare la mimica facciale relativa alle emozioni derivanti da determinati stimoli

 

A questo punto risulta estremamente chiara l'efficacia che questo nuovo strumento è in grado di darci, grazie al quale è possibile indirizzare meticolosamente le azioni della comunicazione di marca.

 

 

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